
E’ ottobre. Sono quasi le sei di sera ed è buio. Ci accoglie Jule. Se siamo qui lo dobbiamo a lei. Infatti è lei che ha organizzato la serata di presentazione di IN ALASKA FA CALDO, serata della quale so ancora poco ma percepisco solo buone sensazioni.
Montepetto è un gruppo di case. Tre per l’esattezza. Quella di Bruno e Tullia, quella di Jule ed una terza che di tanto in tanto viene affittata e tutti chiamano loft.
Vi si accede tramite delle scale esterne e si presenta come una stanza unica molto accogliente con al centro una stufa a legna che scalda tutto. Qui di tanto in tanto vengo create delle iniziative per stare insieme, per condividere opinioni, idee e storie. Condividere in carne e ossa intendo. Una roba giurassica da qualche anno a questa parte. Ma alla fine l’uomo è questo. No followers.
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Con ottobre arrivarono sempre più frequenti le piogge, ed il fumo degli incendi era oramai svanito. P.D. il figlio del capo iniziò a chiamarci sempre più spesso a lavorare alla macchina all’interno del capannone. La macchina non è altro che una sorta di nastro trasportatore dove vengono rovesciate le grosse casse di mele raccolte nei vari meleti e loro iniziano a correre. Prima sott’acqua, poi sotto le spazzole lucidatrici e da qui verso dei vassoi infernali che girano all’impazzata dove davanti stiamo io e gli altri.
Lavoravo sei giorni su sette e di solito la domenica me ne andavo in giro con la bici per le colline intorno Kelowna, che è un pò come girare per il Chianti ma al posto delle osterie trovi i pub che servono la birra. 
Ad Anchorage ci sono un sacco di Samoani in giro per la città e non sono avvocati. Ci sono arrivato dopo sei ore ininterrotte di pioggia, non una shower (pioggellina) come comunemente la chiamano qui, no no era proprio pioggia, di quella grossa ed ho anche forato. Appena arrivato a casa degli amici dove ho trovato alloggio, subito mi hanno detto: non piove mai così qui. 
