Monte Petto – La serata

E’ ottobre. Sono quasi le sei di sera ed è buio. Ci accoglie Jule. Se siamo qui lo dobbiamo a lei. Infatti è lei che ha organizzato la serata di presentazione di IN ALASKA FA CALDO, serata della quale so ancora poco ma percepisco solo buone sensazioni.

Montepetto è un gruppo di case. Tre per l’esattezza. Quella di Bruno e Tullia, quella di Jule ed una terza che di tanto in tanto viene affittata e tutti chiamano loft.

Vi si accede tramite delle scale esterne e si presenta come una stanza unica molto accogliente con al centro una stufa a legna che scalda tutto. Qui di tanto in tanto vengo create delle iniziative per stare insieme, per condividere opinioni, idee e storie. Condividere in carne e ossa intendo. Una roba giurassica da qualche anno a questa parte. Ma alla fine l’uomo è questo. No followers.

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Monte (di) Petto – L’arrivo

Per arrivare a Monte Petto non bisogna prendere la salita di petto, è la cosa più sbagliata da fare, non tanto per la salita in se stessa, ma per il fatto che dopo la salita viene sempre (almeno si spera) la discesa. E nello specifico è la fine della discesa che ci ha fregato. Perché poi la salita era stata anche piacevole per quanto del tutto inaspettata.

Col mio onesto Renault Kangoo siamo saliti su di una strada sterrata che poi si è tramutata senza troppi preavvisi in veri e proprio campi, e lei (ed io e Martina assieme a lei) che continuava ad arrampicarsi come neanche una Panda 4×4 old school. Va bene, non esageriamo.

Comunque per tornare allo stato delle cose di quella sera, questo Kangoo saltellate è salito fin quasi alla metà preventivata, ma sul più bello è tornato indietro. Proprio così. Ha deciso che era troppo per lui ed è tornato indietro per i fatti suoi. E noi lì dentro con lui senza poter far niente.

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Pozzanghere session

Pesca, io e l’Indiano

Iniziamo subito con un passo falso che ci depista o più semplicemente non mi fa capire niente. “Ehi ragazzo stai attento che più avanti c’è la pattuglia e ti può fermare!” mi dice un tipo corpulento dalla testa rotonda chiusa dentro un cappellino di lana. “E allora? Che vuol dire?”.

Mi pare di afferrare fra un grugnito l’altro che in bici col cane a guinzaglio non si può andare. “Gli scoppia il cuore” continua il signore corpulento. “Come ‘gli scoppia il cuore’? Sto andando a passo, pianissimo. Comunque non lo sapevo che non si poteva” “Neanche io” fa un tipo mingherlino che passeggia con l’altro.

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Il libro nella busta

Il libro nella busta è partito nei primi giorni di Dicembre al minimo prezzo sindacale offerto da Poste Italiane. Lo confesso volevo spender poco, seppur per inviare un oggetto a cui tengo molto e che andava ad incontrare due persone cui le loro storie sono finite nel libro. Però quando mi si è chiesto più del doppio, anzi quasi il triplo del prezzo di copertina non mi sembrava avesse più molto senso. “Scusi l’opzione più economica possibile?'” faccio io col savoir-faire commercialista “11 Euro” fa la signora dietro il vetro. “11 Euro? Sicura?” chiedo quasi incredulo “Certo però il pacco è tracciabile solo sino al confine, dopo di che non puoi più controllare”

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Grizzly

 

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da qualche parte lungo la Cassiar Highway n.37 (Nord British Columbia – Canada)

“Tuo aspetto è quello di orso! Tu essere come grizzly”!

A ripensarci bene aveva visto giusto Daichi. Io non avevo capito minimamente dove volesse andare a parare quando si lanciò in quell’imprevedibile tentativo di similitudine con un mix d’inglese e giapponese. Fu del tutto inaspettato sia per la sua indole di giapponese al quanto riservata, sia per l’imprevedibilità degli esiti.

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In Alaska fa caldo

IMG_3059In Alaska ha fatto veramente caldo (video qui) tre anni fa quando il mio viaggio mi ha portato sino a là.

Già  perché mica avevo programmato niente, non sapevo neanche se ci sarei potuto arrivare a causa del mio visto canadese. Poi una volta appurato che non c’erano impedimenti ho proseguito.

Ero sbarcato a Calgary con la vaga idea di andare sverso nord e per nord intendo veramente il NORD. Dawson City nello Yukon doveva essere la mia meta. Volevo attraversare le Montagne Rocciose, il British Columbia e vedere questo famoso Yukon e il suo affluente Klondike. Posti sognati e visti in libri, film e documentari. Pensai che da lassù ci erano passati davvero tutti: da Jack London a Zio Paperone, e continuavo a dirmi che non mi sembrava vero, e forse in parte non lo era, ma non m’importava ormai ero diretto in quella direzione.

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Pisa-Firenze solo andata. Che viva il Leccio!

Che viva il Leccio!

Oggi è il giorno di rimanere in città, o meglio ci giriamo intorno ed è il tempo di fare un esperienza eccezionale. Roba da far sussultare persino l’inglesissima coppia di Manchester. 

L’obiettivo di oggi è arrivare al Leccio in tempo per il pranzo. In tempo vuol dire in tempo. Se arrivi cinque minuti dopo l’orario stabilito non si mangia e il dover scalare nuovamente le colline a stomaco vuoto non è cosa da scherzarci su.

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Pisa-Fireze solo andata. Giorno tre: Pisa a Lucca

NOZZANO: border control

Con nostra somma gioia oggi è il giorno di lasciare l’Hotel Royal Victoria. 

A modo suo, lui, ci da il suo saluto. Stanno girando un film, una fiction o non ho capito bene cosa al suo interno, ed hanno pensato bene di non chiudere l’hotel per tale incombenza. 

E’ tutto un via vai di maestranze, furgoni parcheggiati in doppia fila, carrelli trascinati all’interno nei corridoi, ogni tipo di faro e cavo sparpagliati in ogni angolo e poca gentilezza ovunque. 

Spinte, parolacce, traffico, tutti di fretta, tutti trafelati, già in ritardo ancor prima di iniziare. Ragazzetti con l’auricolare a controllare tutto il movimento e darsi un tono all’interno della produzione. Una ragazza con una felpa con su scritto il titolo del lavoro che stanno girando, ha un codazzo di due, tre persone, deduco che deve contare qualcosa più degli altri. 

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Pisa-Firenze solo andata. Giorno due: Pisa

Di solito un giorno di merda si vede sin dall’inizio. Se inizia male non c’è speranza che migliori, può solo peggiorare. 

Nel mio caso mi sveglio alle 3,30 di mattina per colpa di una zanzara e non mi riaddormenterò più. Alle 6,30 suona comunque la sveglia così mi alzo e mi vesto. Fuori piove forte (segnale di giornata di merda).

Nella sala colazioni sono solo e al buio, la cameriera si accorge di me dopo un bel po’. Julie, l’anziana atleta della squadra si unisce a me anche se sono di poca compagnia. Bevo al volo un tè mangiando non so che, ed esco sotto l’acqua. 

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Dalla Patagonia alla galera

Attraversiamo tre portoni molto pesanti ed almeno cinque cancelli per entrare. Tutto sa di chiuso e consumato.

Dopo il terzo portone ti ritrovi di nuovo all’aperto in un chiostro verde con alberi e fiori ed alcuni ragazzi intenti ad innaffiarli. Poi altro cancello, altra porta ed infine entriamo nell’ala dedicata allo studio ed ai laboratori.

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