Royal Gala, McIntosh, Red delicious, Spartan, Fuji, Ambrosia. Un bel pò di mele diverse: ognuna col suo sapore, ognuna col suo colore.
O.B. mi mostra un casco integrale completamente bianco con due grandi filtri davanti alla bocca.
– Questo me lo metto quando vado a spruzzare i prodotti sugli alberi. In più mi devo mettere la tuta che impedisce ai prodotti che spruzzo di finire sui vestiti e portarmeli a casa –Non è proprio un meleto biologico quello dove lavoriamo. Ma tra il traffico delle auto e degli aerei del vicino aeroporto, forse spruzzare quelle cose sugli alberi e sulle mele potrebbe essere il male minore. E comunque nel periodo della raccolta nessuno usa quelle schifezze.
T.D. ha lasciato il lavoro e se n’è andato a vagabondare per gli Stati Uniti. Così O.B., suo connazionale e compagno di lavoro, mi ha chiesto se voglio prendere la sua camera così da dividere equamente l’affitto dell’appartamento. Il prezzo è più che onesto e accetto.
Dopo circa tre settimane lascio con mio grande sollievo la guest-house della signora cinese. L’ultimo giorno, molto premurosamente, mi chiude la porta della camera con tutte le mie cose dentro, perché secondo lei non avevo pagato l’ultimo giorno del mio soggiorno. In realtà l’avevo pagato, ma lei aveva deciso che lo dovevo pagare nuovamente. La insultai, giustamente. Si offese fino al giorno dopo quando volle comunque salutarmi con un: thanks for your business. La insultai nuovamente, ma non capii. Lo avevo fatto in italiano.
Dopo tanto ero felice di condividere uno spazio con qualcuno. Dopo le fatiche di una giornata, fare due chiacchiere sul più e sul meno, mi pareva essere una bella cosa specialmente in questa città dove ancora non conoscevo nessuno.
Però qualcosa non ha funzionato. Ad esempio la cena: per O.T. consiste nel riscaldare qualcosa che cade giù da una scatola di latta o da un sacchetto di plastica. Mangiarlo in fretta e furia con gli occhi incollati allo schermo del suo computer mentre danno l’ennesima partita di hockey del campionato NFL, dove pare che la pattuglia dei giocatori Cechi sia ben nutrita. Per poi rinchiudersi in camera sempre coi suoi occhi incollati allo schermo a giocherellare su Facebook o guardare un film in Ceco.
Durante il lavoro si mette le cuffie e ascolta la musica o qualche audio-libro. Così che la comunicazione si riduce drasticamente a poche parole al giorno.
Però non è sempre tutto negativo. Ogni tanto siamo andati assieme ai suoi amici, tutti Cechi, al bowling o a fare dei giri a piedi sulle montagne intorno. Una sera di ritorno dal meleto, la notizia era: c’è un aurora boreale imminente, sarebbe arrivata da lì a poche ore. Così partiti in tutta fretta senza cena con la sua auto lungo la strada abbiamo caricato N. sua amica e ci siamo fermati subito ad un liquor store per comprare qualche birra. Poi ci siamo diretti verso una collina che sovrasta Kelowna.
E’ fine settembre e alla sera inizia a fare freddo. Attraversiamo il ponte che corre sul lago Okanagan e sbarchiamo sul lato ovest della città, quello dei benestanti. Solo ville ed automobili europee di un certo livello. Saliamo su per la collina fino a che la strada non finisce. Parcheggiato l’auto ci inoltriamo a piedi nel bosco. Ci sediamo in cima alla collina a sorseggiare qualche birra aspettando l’aurora.
O.T. è anche un ragazzo preciso. Ha anche un applicazione sul telefono che ti dice dove e quando arriverà l’aurora, e la possibilità in percentuale di vederla. Mano mano che le birre finivano la percentuale crollò sotto il 10%, comunque in tutta la serata non era salita sopra il 40%. Così quella sera non vedemmo niente. L’unica cosa di luminoso che ricordo erano le luci della città che brillavano e si rispecchiavano nelle acque del lago.
continua…
Stefano Elmi
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