2. Chemin d’Assise: Chiusi – Moiano

E’ una tappa breve oggi, circa dieci chilometri. Dalla collina dove si trova Chiusi scendiamo verso la pianura, verso Chiusi Scalo che praticamente è il cuore pulsante della cittadina. Qui ci sono supermercati, negozi, la stazione ferroviaria e tutti gli altri servizi che su in collina non hanno ragione d’esistere. Iniziamo a vedere qualche persona in giro. Dopo avere litigato su cosa comprare da mangiare ripartiamo con gli zaini gonfi per trovare il sottopasso pedonale della ferrovia che ci permetterà di ritrovare il segnale arancione del cammino e lasciarci alle spalle questo spicchio di Toscana protesto dentro l’Umbria.

Il corpo inizia ad adattarsi al nuovo corso, almeno così mi sforzo di credere. Spalle, gambe sono ancora doloranti dal giorno precedente. Anche gli sfregamenti vari continuano a dar fastidio ma non importa. Ora abbiamo del cibo con noi ed è la cosa più importante.

Attraversato il sottopasso troviamo subito il cartello che ci avverte che stiamo lasciando la Toscana e stiamo entrando in Umbria. Martina mi scatta una foto anche se il passaggio è molto poco poetico. Il cartello è fra una rotonda ed un’ammucchiata di capannoni alcuni fatiscenti ed altri nuovissimi. Questo tratto è tutto a misura di ‘uomo con automobile’ e per niente di ‘uomo a piedi’. Mi ricorda certi immensi centri commerciali canadesi dove non c’era neanche un posto per appoggiare e legare la bici. Solo auto. Solo uomini con auto.

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1. Chemin d’Assise: Montepulciano-Chiusi

Siamo partiti con un passo falso. La sveglia non ha suonato e la partenza di primissima mattina si è tramutata in una partenza solamente di prima mattina. Questo inconveniente ci ha portato ad iniziare a camminare da Montepulciano intorno a mezzogiorno. Considerato che alle cinque del pomeriggio è già buio pesto, non è stata una grande scelta tattica.

Al primo cartellino arancione attaccato ad un segnale di Stop a bordo strada ci emozioniamo come due novellini. Proprio lo stesso cartellino arancione con la T che abbiamo sotto casa, lo ritroviamo qui a qualche centinaio di chilometri di distanza. A questa prima T ne segue subito un’altra e così via, e dal niente il cammino prende forma.
Subito un pensiero istantaneo mi fa sorridere: sapere che esiste un sentiero proibito alle auto che corre lungo tutti questi chilometri mi riempie di gioia e mi riporta coi piedi per terra su come il mondo in realtà sia piccolo.

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Chemin d’Assise – Cammino di Assisi

Se vi sembran pochi 5 giorni, a me son sembrati lunghissimi. Un dolore così lancinante alle spalle credo di non averlo mai avuto prima, anzi più che un dolore è stata una vera e propria ferita. Come se qualcuno un po’ cattivello mi avesse (e non esagero) fratturato all’unisono entrambe le clavicole. Una ferita talmente dolorosa che sul momento, preso forse da una dose eccessiva di individualismo misto a pena, pensavo di essere l’unico in questo mondo con un dolore del genere che mi impediva persino di stendermi sul letto.

Nei giorni compresi tra la vigilia di Natale e Santo Stefano una perturbazione atlantica carica di piogge e temperature elevate si era abbattuta su casa nostra con una violenza inaudita. Una violenza che voleva cancellare del tutto gli ultimi granelli di neve caduti ad inizio mese. Da qui l’idea di scendere nel sud della Toscana, dove le piogge non imperversavano e il clima mite avrebbe agevolato il nostro improvvisato progetto. Andarci a piedi è stata l’idea successiva. 

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Macerie d’Appennino II

Bang! Cambio di prospettiva così in un istante. E se invece ci fosse tanta gente? Strade piene. Case aperte. Alberghi al completo. Seconde case con finestre aperte, porte aperte, ombrelloni aperti, garage aperti e tutti che se ne stanno all’aperto.

Il secondo capitolo di Macerie d’Appennino è completamente diverso sotto l’aspetto della presenza umana. Sembra incredibile ma in un solo mese nell’arco dell’intero anno la montagna si ripopola.

Vi è una quantità di case aperte, specialmente quelle a bordo strada che mai avevano visto dalle loro porte e finestre entrare luce e attutire quell’umidità assassina ai bordi delle statale. Almeno per una settimana prendono aria, prima di tornare in letargo.

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Macerie d’Appennino

E’ un Appennino desolato quello in cui mi sono imbattuto. Un Appennino secondario, a patto che ci sia un Appennino ‘primario’ in fondo l’Appennino è secondario quasi per definizione. E’ desolato anche nel modo e nella tempistica di cui me ne sono preso cura, infatti fanno sì che scriva queste poche righe ben 2 anni dopo quei due giorni di esplorazione selvaggia letteralmente dietro casa.

Due giorni di ricognizione lungo la Linea Gotica. Due giorni in Appennino: dal Passo della Futa a San Marcello Pistoiese.

La trascuratezza delle strade secondarie va di pari passo con lo spopolamento. Luoghi dove la natura si sta riprendendo ciò che l’uomo si era preso negli anni del benessere. Rifugi chiusi e cadenti. Skilift fuori uso. Case cantoniere fatiscenti. Strade asfaltate piene di buche grandi come crateri. Bar chiusi, botteghe chiuse, case chiuse, alberghi chiusi.

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La ricerca delle radici

Perché ho un cognome italiano? Perché sono nato e vivo in California? Da dove veniva la mia famiglia? Ed io chi sono veramente?

La ricerca delle proprie radici è una questione importante quando si raggiunge una certa età, se poi questa ‘certa’ età è a neanche 30 anni, beh allora qualcosa di sicuro non andrà perduto.

Jabob e Adriana vivono in California nella zona di Los Angeles, dividono l’appartamento con il loro cane Donatello. Jabob è italiano da parte di madre, anche se ha un che di orientale. Infatti ad un certo punto nella storia della sua famiglia qualcuno conosce un signore giapponese, se ne innamora e se lo sposa.

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Garfagnana, la Toscana nascosta

Dopo Canada, Alaska, Albania e Cipro, sull’ultimo numero di BC, il trimestrale di FIAB (federazione italiana amici della bici) ho pensato di scrivere un reportage su una piccola-grande avventura a due ruote appena fuori la mia porta di casa. That’s my backyard, direbbero nel nuovo continente.

Buona lettura!

Stefano Elmi

2011-2021

“Irannn, Turchiaaaa, Macedoniaaaa, Serbiaaaa, Ungheriaaaa, Germaniaaaa” Ghulam dice che nel 2011 è partito dal Pakistan, a piedi o con mezzi di fortuna, ed ha attraversato questi paesi. Tutti pronunciati con un inflessione molto particolare che mi fa sorridere. Poi dice di aver passato 5 anni in Grecia ospite di un centro di accoglienza. “Dormire e mangiare. Stop. Documenti niente.” Poi un giorno “Merkellll opennnn” che sta a significare più o meno che avevano aperto i confini così è partito per la Germania (Germaniaaaa).

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Il libro nella busta

Il libro nella busta è partito nei primi giorni di Dicembre al minimo prezzo sindacale offerto da Poste Italiane. Lo confesso volevo spender poco, seppur per inviare un oggetto a cui tengo molto e che andava ad incontrare due persone cui le loro storie sono finite nel libro. Però quando mi si è chiesto più del doppio, anzi quasi il triplo del prezzo di copertina non mi sembrava avesse più molto senso. “Scusi l’opzione più economica possibile?'” faccio io col savoir-faire commercialista “11 Euro” fa la signora dietro il vetro. “11 Euro? Sicura?” chiedo quasi incredulo “Certo però il pacco è tracciabile solo sino al confine, dopo di che non puoi più controllare”

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Grizzly

 

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da qualche parte lungo la Cassiar Highway n.37 (Nord British Columbia – Canada)

“Tuo aspetto è quello di orso! Tu essere come grizzly”!

A ripensarci bene aveva visto giusto Daichi. Io non avevo capito minimamente dove volesse andare a parare quando si lanciò in quell’imprevedibile tentativo di similitudine con un mix d’inglese e giapponese. Fu del tutto inaspettato sia per la sua indole di giapponese al quanto riservata, sia per l’imprevedibilità degli esiti.

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