“We can be heroes just for one day” – Giorno 1

Siamo a Siena ed anche se i vigili della municipale ci bloccano all’ingresso di Piazza del Campo non ci scoraggiamo. Siamo qui per essere eroi su due ruote e seguiremo il nostro istinto anche se per il momento dobbiamo spingere i nostri cavalli di metallo.

Il vigile non chiude neanche un occhio e ci segue con lo sguardo vigile, appunto, mentre attraversiamo la piazza. All’altezza della curva di San Martino rimontiamo in sella e ci dileguiamo per i vicoli, dopo avere salutato il vigile dall’altra parte della piazza che però non ricambia.

Finalmente partiamo e subito è gravel-moda. La maggior parte dei ciclisti che incontriamo sono vestiti anni ’80, con colori sgargianti, però tutti hi-tech e tutto veramente super-costoso. E’ il nuovo trend, il resto è roba da pezzenti. Come il tipo che vediamo nella tarda mattinata mentre arranca sulla strada bianca-eroica con la sua mountain-bike. Pare giurassico.

Tanti anche i motociclisti con le loro enduro mastodontiche piene di borse che si divertono. Come bambini cresciuti, procedono in piedi sulle pedane con lo sguardo che attraversa la visiera e guarda lontano, ben oltre la prossima curva, o il prossimo cipresso, ma piuttosto sogna deserti africani o catene montuose sudamericane. Poi appena lo sguardo smette di fissare l’orizzonte si fermano tutti in osteria per due o tre ore buone. 

Arriviamo a Buonconvento, nella piccola pianura prima della salita di Castiglion del Bosco. Lo spauracchio di giornata. E’ il momento del panino e di un bicchiere di vino al bar sport. “Scusa se te lo dico, ma assomigli a Jovanotti!” mi dice un tipo con accento campano che si è girato per ben due volte mentre sto al bancone.

Fa caldo in questo Ottobre stranissimo. Ripartiamo molto lenti in attesa che la strada s’impenni. Una coppia tedesca con due bici da viaggio molto cariche si mette dietro di noi dicendo qualcosa del tipo: stiamo allo vostra ruota che cosi ci date il ritmo in salita. Neanche un minuto che inizia la prima rampa e li perdiamo. Era una lotta fra bradipi, ma loro sono risultati ancora più lenti di noi, che già lo eravamo molto. 

La strada si fa sterrata. Attraversiamo un passaggio a livello in mezzo al niente che sa tanto di ‘Non ci resta che piangere’ poi la strada poco a poco prosegue in salita e sempre dritta. Un tornate si materializza davanti a noi e subito un altro, questa volta a sinistra, che s’impenna a dismisura. Lo saranno anche i prossimi tornati (ho perso il conto dopo i primi due ).

Arriviamo di fronte al resort di Castiglion del Bosco. Pensare che qui è finita è l’errore più grosso. La strada prosegue con la stessa brutalità anche se alterna dei piccoli tratti in discesa, che sono molto cattivi per l’illusione che creano dentro di noi. Proprio in uno di questi Martina finisce nella ghiaia riportata a bordo strada e frana in terra, battendo gomito e fianco. Una bella botta, anche se fortunatamente la velocità era abbastanza bassa. 

Ci passano a tutto gas una nuova numerosa tribù gravel dai colori sempre sgargianti. Solo uno saluta e chiede se abbiamo bisogno di aiuto. Medichiamo alla meglio le ferite e dopo lo shock iniziale proviamo a proseguire. Anche se fa caldo il sole si butta dietro l’orizzonte molto presto, e ci ricorda che nonostante tutto siamo in autunno.

Tre chilometri di deviazione lungo una strada bianca e siamo all’Agriturismo il Cocco. Un casolare isolato circondato da vigneti e con la vetta dell’Amiata sullo sfondo che sorveglia questa parte di mondo con le sue immense faggete. Sotto di noi si apre la Val d’Orcia. Curiamo le ferite con il loro Brunello.

continua…

Stefano Elmi

scrittimaiali ©

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