E’ un Appennino desolato quello in cui mi sono imbattuto. Un Appennino secondario, a patto che ci sia un Appennino ‘primario’ in fondo l’Appennino è secondario quasi per definizione. E’ desolato anche nel modo e nella tempistica di cui me ne sono preso cura, infatti fanno sì che scriva queste poche righe ben 2 anni dopo quei due giorni di esplorazione selvaggia letteralmente dietro casa.
Due giorni di ricognizione lungo la Linea Gotica. Due giorni in Appennino: dal Passo della Futa a San Marcello Pistoiese.
La trascuratezza delle strade secondarie va di pari passo con lo spopolamento. Luoghi dove la natura si sta riprendendo ciò che l’uomo si era preso negli anni del benessere. Rifugi chiusi e cadenti. Skilift fuori uso. Case cantoniere fatiscenti. Strade asfaltate piene di buche grandi come crateri. Bar chiusi, botteghe chiuse, case chiuse, alberghi chiusi.
Al cimitero di guerra tedesco al Passo della Futa arriva un furgone carico di militari tedeschi. “I morti sanno solo di una cosa, che è meglio essere vivi” Soldato Joker (Full Metal Jacket)
Una fattoria sulla strada è la prima desolazione che trovo. Due ragazzi tagliano la legna in mezzo alla strada un tempo asfaltata. Hanno anche delle capre che pascolano e poi balle di fieno, sempre in mezzo alla strada, tanto non passa mai nessuno dicono placidi. Quelli che per fortuna non sono in mezzo alla strada, ma chiusi dietro ad un recinto, sono i due pastori del Caucaso, mamma e cucciolo, quest’ultimo grande quanto un cane di normale.
Tipi simpatici in giro pochi. Sarà questa toscanità scorbutica, sarà la timidezza, sarà quel che sarà. La certezza è che difficilmente si instaurano anche seppur brevi e cordiali chiacchiere coi quei pochi incontrati. Gli unici tipi loquaci sono due emiliani con le loro moto da enduro, che muniti di motosega stanno pulendo alcuni sentieri fra le due regioni.
Un gruppo di muratori albanesi sembra l’unica umanità che troviamo a Cavarzano, il paesino sotto l’omonima alpe in provincia di Prato. Comunque le tagliatelle al ragù della signora del bar-alimentari sono buonissime. L’estate è entrata nel suo pieno. Ci ripariamo all’ombra di alcuni alberi. In giro la rappresentanza dei locali è formata solo da anziani. Per i sentieri nessuno. Va bene è lunedì, chiediamo venia. Di donne solo badanti straniere a spasso nelle ore libere del dopo pranzo.
Sono solo con la mia mountain- bike.
Con M.R. che segue in macchina, ci diamo appuntamento di volta in volta in qualche paese. L’idea originaria era quella di partire dalle coste del Mar Adriatico per terminare su quelle del Tirreno. Quei due giorni sono stati una ricognizione che avrebbe portato ad affrontare la linea con dei potenziali clienti. Lui è sempre stato un tipo che di viaggi se ne intende. Ha attraversato tutta l’Italia, da sud a nord a cavallo. E poi dalla Siria alla Cina, sempre a cavallo, in luoghi in cui ora non è più possibile andare liberamente.
E’ giorno inoltrato, splende il sole, ma appena entro nel bosco vado alla ceca. Per tratti mi affido totalmente al mio gps. La trascuratezza del bosco, non più coltivato, non più usato dai suoi abitanti si tocca con mano. Nelle zone in ombra poi è spettrale. Segnavia malandati e cadenti. Il sentiero non è battuto, deve essere molto che non passa nessuno, almeno fra gli umani. Ritrovo la cosidetta civiltà alla già citata Montepiano, dove risalgo per una strada con un buon fondo sterrato che costeggia il confine con l’Emilia. Qui il crinale si riduce a fitti boschi poco oltre i mille metri di quota. Poi a spinta su per un sentiero che quando inzia scendere non finisce davvero più, per giungere al rifugio Pacini nella foresta dell’Acquerino. Strutture forestali e case vacanze chiuse. Una strada sterrata mi conduce a la Collina, sopra Pistoia, poi tramite sentieri arrivo a Pontepetri. Poi di nuovo su nella foresta del Teso. Casetta Pulledrari. Pratorsi. Qui si entra nella terra della grande fabbrica di montagna oramai dismessa: la S.M.I (società mettalurgica italiana). A Campotizzoro, c’è il rifugio antiaereo a forma di proiettile vicino ad un ex-capannone convertito a supermercato ed alla vecchia stazione della F.A.P. (Ferrovia Alto Pistoiese).
Diverse da quelle della II Seconda Guerra mondiale. Diverse da quelle di un terremoto, ma pur sempre macerie. Come definirle altrimenti?
continua…
Stefano Elmi
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