3. Chemin d’Assise: Moiano – Castello di Monticelli

Partiamo dall’oratorio all’alba avvolti da una luce ancora fioca in un misto di nebbia e pioggia leggera. Colline, strade bianche, casali. Tappa lunga quella odierna coi suoi 33 chilometri. Su e giù per i colli umbri e lungo pianure di fondovalle.

Il primo paese in cui ci imbattiamo è Paciano. Ben curato ma nessuno o quasi in giro. Le uniche anime vive escono dal palazzo del locale municipio. Pesca vomita sotto il loggiato a fianco del bar. Scambiamo alcune chiacchiere con dei turisti del nord Italia venuti qui in vacanza coi loro camper.

“Dove state andando a piedi?”
“Ad Assisi, e contiamo si arrivare per il 31”
“Anche noi saremo ad Assisi per quel giorno. L’hai presente la rocca?”
“Sì”
“Ecco noi siamo lì sotto”
“Ok va bene, lì sotto”

Il paese successivo è Panicale. Arriviamo mentre si sta scoprendo dalla spessa coltre di nebbia che lo avvolge dandogli un’atmosfera sospesa. Prendiamo un caffè in un bar gestito da una signora molto gentile, aiutata da un ragazzo con la sindrome di down.

Da qui entriamo nelle terre selvagge fatte di boschi e sentieri molto fangosi a causa delle piogge della notte scorsa. Ci staremo per un bel po’ al loro interno prima di arrivare al castello di Mongiovino. Uno spasimante segue Pesca, e quindi anche noi, da alcuni chilometri.

Ricordiamo che ci siamo messi in cammino con Pesca che sta affrontando il suo primo calore. Una cosa da niente eccetto per delle piccole mutandine da metterle quando siamo all’interno di una camera, ma le storie d’amore e i potenziali pretendenti saranno molteplici lungo tutti i sentieri toscani ed umbri.

Un’anziana coppia inglese visita il castello in rovina mentre noi stiamo consumando il nostro pranzo seduti su un muretto scaldandoci al sole. Ripartono in auto. Ci salutiamo.

Sono le 14 ed abbiamo percorso 18 km. La discesa ci porta dritti verso il supermercato Gala posto proprio alla fine della collina dove ritroviamo la civiltà con le sue strade ben asfaltate e le auto. Ricoperto di fango aspetto all’esterno assieme a Pesca, mentre Martina sia comprando qualcosa da mangiare per la sera.

Posato lo zaino a terra ripenso alla discesa. Dopo tre giorni ne ho la conferma, la discesa affrontata a piedi non crea quel tipo di sollievo molte volte benefico che creerebbe l’affrontarla in bicicletta, anzi tutt’altro. Questa è una piccola regola che ingenuamente sto e stiamo apprendendo.

Altro dubbio direi quasi amletico su cui mi scervello da giorni è il perché, anche pur non avendo niente di superfluo nello zaino, ha comunque un tale peso da lasciarmi sulle spalle dei segni rossi come stigmati. In più mi si è rotta la cinghia che lo fissa alla vita, che è appunto vitale per le spalle. Quante cose che s’imparano mettendosi in viaggio. La prima è che la pubblicità di questo zaino, marca Black Diamond, così alpinisticamente leggero ed innovativo, con uno schienale liscio e poco o nulla ergonomico mi ha fregato e me lo ha fatto acquistare. Le mie spalle e la mia schiena stanno reclamando un risarcimento.

Dopo la sosta e i pensieri seduto sul muretto ci dividiamo la spesa compresa una bottiglia di bianco frizzante e ci rimettiamo in cammino. Giriamo attorno ad una vecchia centrale termoelettrica, con i suoi camini dalle bocche ampie e grigie. Dopo un lasso di tempo che ci è parso quasi un’eternità ci giriamo e, con nostro grande stupore, le imponenti ciminiere sono ancora lì. Come è possibile? Con questi pensieri in testa stiamo rivalutando molto positivamente i signori e le signore che giungono a casa nostra superando con i loro grandi zaini da pellegrini non certo banali colline umbre ma i sentieri impervi delle Alpi Apuane. Ma come diavolo fanno? Proviamo solo una forte dose di rispetto.

Col favore del buio percorriamo via Antonio Gramsci che ci conduce dentro a Castiglione della Valle, lo superiamo e dopo neanche un chilometro giungiamo al Castello di Monticelli. Sono le 19 esatte, il che fa dodici ore di cammino altrettanto esatte dall’oratorio di Moiano.

Entriamo in questo castello che altro non è che un piccolo borgo composto da diversi edifici in un luogo fantastico anche al buio. Nella parte alta ci accoglie il Professor Giuseppe Tullio, il proprietario, assieme ad una ragazza, forse un po’ preoccupati vista l’ora.

“Siamo partiti da Moiano dodici ore fa” facciamo noi
“Ah ok, allora avrete percorso circa cinque o sei chilometri” fa il buon professor Tullio
“Beh in realtà sono più di trenta sino a qui” diciamo noi non afferrando la probabile ironia del professore
“Guarda che vengono da Moiano non da Mugnano” (o qualcosa del genere) fa la ragazza che è assieme a lui
“Sì appunto saranno cinque o sei chilometri in totale” replica serafico lui e molto probabilmente senza ironia alcuna. Non ci capiamo niente, ma la ragazza ci toglie dall’impasse creatosi domandandoci a che ora desideriamo la colazione all’indomani. Concordiamo per le ore 8 in camera.

Abbiamo appena posato i nostri zaini sul pavimento della nostra camera che arriva solitario il Professore e subito attacca bottone:

“Allora per colazione la volete in camera o nella sala gotica?”
“Veramente poco fa abbiamo detto….”
“Se la volete nella sala gotica non c’è nessun problema, è bellissima coi suoi affreschi, prego ve la mostro”
E forse noi per non guastare troppo il suo entusiasmo accettiamo.
“Allora ve la mostro, venite?”
Usciamo dalla porta della nostra camera facciamo dieci passi, e il professore si ferma di colpo
“Vedete quella porta laggiù nell’angolo?”
“Sì la vediamo”
“Ecco quella è la sala gotica, ci vediamo lì dentro domani mattina. Buonanotte”
“Va bene. Buonanotte”

CONTINUA…

Stefano Elmi

scrittimaiali (C)

e buonanotte…

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