
Bang! Cambio di prospettiva così in un istante. E se invece ci fosse tanta gente? Strade piene. Case aperte. Alberghi al completo. Seconde case con finestre aperte, porte aperte, ombrelloni aperti, garage aperti e tutti che se ne stanno all’aperto.
Il secondo capitolo di Macerie d’Appennino è completamente diverso sotto l’aspetto della presenza umana. Sembra incredibile ma in un solo mese nell’arco dell’intero anno la montagna si ripopola.
Vi è una quantità di case aperte, specialmente quelle a bordo strada che mai avevano visto dalle loro porte e finestre entrare luce e attutire quell’umidità assassina ai bordi delle statale. Almeno per una settimana prendono aria, prima di tornare in letargo.
Vi è una quantità di persone nei paesini veramente impressionante. Non era un territorio desolato e pieno di macerie questo? Devo ritrattare ? Chiediamo venia una seconda volta. E’ agosto e siamo, se non in quella settimana dell’anno famosa per le ferie, proprio in quella che l’anticipa.
Il fatto è che capitare qui in questo periodo dell’anno è tutta un’altra storia, una storia che sa di quando in montagna in estate ci si andava per la villeggiatura, e durava dei mesi.
I pensionati sono maggioritari in questa tipologia di vacanza. La bici però è una buona scusa per entrarci in contatto e per sfuggire alle auto intrappolate nel traffico sul Passo dell’Abetone.
Vabbè accade ogni anno. Agosto è il mese delle aperture. Il mese che per un mese pare di stare in un paese com’era. Viva le persone. Abbasso la gente.
Il nostro giro parte un pò da lontano e su asfalto. Questa volta direttamente da casa, a Corsagna, sino a San Marcello Pistoiese dove, dopo aver superato il passo dell’Oppio, si arriva a Pontepetri. Da qui si lascia l’asfalto e si inizia a salire, lenti e inesorabili, all’intento della foresta del Teso. Profumo intenso d’abeti e poi faggi per arrivare a casetta Pulledrari lungo la pista da fondo, poi su ancora sino a Pratorsi scendendo per le vecchie piste da sci alpino. Qui si mangia a fianco di un cippo di alcuni partigiani caduti, tutti giovanissimi.
La discesa di Pratorsi in pratica è la parte più pericolosa. E’ su asfalto ma un asfalto molto vecchio, ci sono dei crateri che è bene frenare con largo anticipo per non esserne inghiottiti.
Sulla destra dovrebbe esserci un bivio ad una certo punto, proprio su di un tornante. Lo manchiamo e ci ritroviamo in un sentiero che non era da prendere, almeno con le bici, ma ben presto giungiamo su di una strada sterrata più pedalabile. Incontriamo due persone a piedi che ci chiedono da dove arriviamo e dove stiamo andando, nessuna domanda sui motivi. Questo ci rassicura. Un piccolo guado e poi la strada risale assassina e manchiamo un altro piccolo bivio questa volta nascosto fra i cespugli. Si passa un torrente con una vasca naturale di acqua limpida. Fa caldo. Ci spogliamo e ci buttiamo nudi dentro.
Salita per boschi che via via si fanno più radi. Curva a destra e siamo sopra Lizzano Pistoiese. Praterie d’Appennino da cui si può vedere sino al mare. Discesa per pascoli. Ma dov’era tutto questo spazio sino a pochi metri fa. Sembravamo chiusi in un fosso, fra faggi che mai avevano visto qualcuno almeno negli ultimi 30 anni, ed ora siamo completamente allo scoperto sotto il sole.
A Spignana terminiamo la discesa in un crocevia popolato di pensionati proprietari di seconde case. Conversiamo sul perché ed il per come di questi luoghi e nel frattempo ci suggeriscono la direzione giusta. Di discesa in discesa giungiamo sino alla statale dell’Abetone. Riconoscibile già da lontano per il rumore del traffico che la popola.
Fine primo giorno a Cutigliano che è quasi sera. Siamo stanchi e felici, ma anche sufficiente cotti per meritarci una lauta cena con quel tanto di vino per andare a dormire soddisfatti.
Cutigliano, Melo, Rivoreta col suo museo del mondo come era una volta. Ogni paese ha il suo monumento ai caduti eretto a seguito della I Guerra Mondiale e successivamente ampliato alla fine della II Guerra Mondiale, nella piazza principale che spesso coincide con quella della Chiesa, dove tutta la comunità era orientata. I nomi di questi ragazzi giovani e giovanissimi sono a decine e decine, anche nei borghi più piccoli. In quei borghi dove gli abitanti odierni si contano sulle dita di una mano, e non sono certo in età da leva militare.. Dove sono andati tutti? Cosa è successo?
Salita sterrata. Bicchiere di sotto. Bicchiere di sopra. La Secchia. Verginetta. Abetone tramite la pista da fondo ed un nugolo di persone quasi da commuoversi, non foss’altro per certi ghigni antipatici intorno alle solite vetrine.
E’ un caos relegato in un piccolo spazio. Negozi e vetrine. Iil tutto dura pochi chilometri poi si torna alla normalità delle cose da queste parti. Cioè nessuno o quasi fra i boschi e qualche animale selvatico.
Dogana Nuova, Tagliole, Chiesa di non mi ricordi chi come inutile scorciatoia. Sant’Anna Pelago e poi sempre su le abetaie delle Acque Chiare e per la strada del Passo del Saltello. 1600 metri abbondanti. Da qui solo discesa verso la nostra hometown in Garfagnana, anche se sarebbe più corretto dire Mediavalle, ma finisce sempre che nessuno sa esattamente dove sia questa Mediavalle, per cui è tutta Garfagnana. Bando ai compromessi. Viva la bici e chi ci va!
continua…
Stefano Elmi

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