
Siamo partiti con un passo falso. La sveglia non ha suonato e la partenza di primissima mattina si è tramutata in una partenza solamente di prima mattina. Questo inconveniente ci ha portato ad iniziare a camminare da Montepulciano intorno a mezzogiorno. Considerato che alle cinque del pomeriggio è già buio pesto, non è stata una grande scelta tattica.
Al primo cartellino arancione attaccato ad un segnale di Stop a bordo strada ci emozioniamo come due novellini. Proprio lo stesso cartellino arancione con la T che abbiamo sotto casa, lo ritroviamo qui a qualche centinaio di chilometri di distanza. A questa prima T ne segue subito un’altra e così via, e dal niente il cammino prende forma.
Subito un pensiero istantaneo mi fa sorridere: sapere che esiste un sentiero proibito alle auto che corre lungo tutti questi chilometri mi riempie di gioia e mi riporta coi piedi per terra su come il mondo in realtà sia piccolo.
Tempo caldo. Nuvoloso. Fanghiglia delle recenti piogge. La prima tappa è un miscuglio di strade secondarie poco trafficate e strade bianche stile L’Eroica, circondati da vigneti e agriturismi tutti bellissimi. Una coppia di caprioli ci attraversa la strada, poco fuori l’abito di Montepulciano. Che sia già una segno di San Francesco a neanche mezz’ora dalla nostra partenza? Forse è ancora un po’ presto penso. Poco più avanti un altro capriolo, ed io che già dubitavo di questo segnale.
Pesca, che nel frattempo ha cambiato colore essendosi ricoperta di creta, li guarda passare e non sa che fare. Prova a rincorrerli ma poi si ferma, riparte, ma poi si ferma nuovamente. Quindi torna da noi. “Sono pur sempre un lagotto io che senso ha correre dietro ad altri animali?” ci dice fissandoci negli occhi. Come biasimarla, troppa fatica per niente ed il cammino è soltanto all’inizio.

Giungiamo all’albergo La Sfinge nel centro di Chiusi alla luce delle nostre lampade frontali. Gli ultimi chilometri siamo stati obbligati a percorrerli sul bordo di una strada statale con macchine sfreccianti e guidatori distratti. Siamo usciti dal cammino per un breve tratto solo perché l’unico alloggio che abbiamo trovato nei paraggi era appunto nel centro di Chiusi. Riprenderemo lo Chemin il giorno seguente scendendo a Chiusi Scalo.
Presi dallo sconforto poco prima di giungere a Chiusi, attraversando un gruppo di case, chiediamo ad un signore che se ne sta nel suo giardino:
“Quanto manca a Chiusi?”
E lui “Per dove?”
“Chiusi!”
“Chiusi dove?” risponde come potrebbe risponderebbe che ne so un algerino alla domanda: scusi per il Sahara? Il Sahara dove?
“Chiusi il paese!”
“Ma saranno ancora tre chilometri!”
Come tre chilometri? Abbiamo superato un cartello 3 km già molti chilometri fa? Dopo questa breve sosta siamo ancora più sconfortati. Ringraziamo comunque per le chiacchiere e continuiamo a camminare.
Afferro immediatamente, anche se ormai non ce n’era più bisogno, la differenza con un viaggio in bicicletta. Sei o sette chilometri possono durare un’eternità a piedi, e nei tratti in discesa o leggera discesa, con mio grande e ridicolo stupore, non cambia assolutamente niente, ma proprio niente.
L’albergo La Sfinge a Chiusi ci accoglie con la sua atmosfera da locanda di passaggio. Discreto e riservato come il signore che ci da il benvenuto. Nome esotico che non si capisce cosa centri con Chiusi, però la sua entrata è decisamente d’altri tempi. Sbrigate le formalità d’obbligo come la registrazione dei nostri documenti e la scansione del green pass. Quest’ultima ha comportato svariati minuti per il semplice fatto che il signore, seppur sempre in maniera discreta, non riusciva letteralmente a centrare il quadrato del codice sui nostri telefoni. Non capivamo, e seppur affamati e stanchi, col massimo del tatto e dell’educazione di cui ancora disponevamo dopo più di venti chilometri di cammino, abbiamo tentato di dirigere la sua mano tremolante e sanificata verso l’obiettivo. Forse non vede molti clienti da queste parti, abbiamo pensato, o molti green pass.
La camera è caldissima e tolte le vesti un dolore indicibile mi prende le spalle. Provo a guardarmi dietro se per caso Martina presa da un scatto d’ira mi abbia afferrato e spezzato le clavicole per quest’orribile idea di essere andati a camminare. Ma lei se ne sta sdraiata accanto a me. Forse è un folletto. Provo a girarmi di scatto per prenderlo in flagrante ma lui si ritrae sempre un istante prima che lo veda. Faccio coì per dieci volte fino a che non cado a terra mezzo morto. Per un istante penso anche che sia, molto più probabilmente, San Francesco in persona, per aver dubitato di lui per il discorso dei caprioli. Mi rialzo a fatica dal pavimento, pensando di non aver mai sentito un dolore del genere alle spalle in vita mia. Devo tenere le braccia lungo il corpo, il mimino movimento mi crea una serie di fitte lancinanti, che salgono su fino alla testa. Eppure mi ricordavo, che c’era un tempo in cui viaggiavo e l’avventura era il mio obiettivo. Non che siano passati decenni beninteso, ma quel dolore mi ha gettato nell’angoscia più totale. Ho trovato una posizione ridicola sul letto aspettando che tutto passasse. Ma poi le gambe, i polpacci ed ogni altro organo che è stato in movimento in quel pomeriggio, mi ha fatto rimpiangere di non essere rimasto a casa al caldo a leggere un libro mentre fuori imperversava il diluvio giunto con quella maledetta perturbazione atlantica sciupaneve.



Martina d’altro alto si era già infilata sotto le coperte con una prognosi mista fra febbre e stanchezza. Che ci era successo? Dov’è San Francesco ora? Vada per i caprioli, ma questi segni sulla nostra salute non sono certo di buon auspicio. Non che sia una persona strettamente devota, ma insomma uno si mette in cammino per un certo luogo ed alcune aspettative, seppur inconsciamente, le ha.
Nota dal taccuino
Casa, Corsagna (LU)
27 Dicembre 2021 ore 24.00
In attesa della partenza per questo cammino improvviso ed improvvisato. Un pensiero di Martina: ho mal di gola. Un pensiero di Stefano: troveremo la strada. Un pensiero di Pesca: potrò rubare da mangiare?
Si parte fra sei ore direzione Montepulciano (non di Abruzzo) poi a piedi per l’ultimo tratto dello Chemin d’Assise.
Ritrovato un discreto equilibrio psico-fisico esco con Pesca. Di Chiusi ho vaghi ricordi annebbiati di una gita delle medie in cui visitammo il locale museo etrusco, forse andammo anche al lago ma non ricordo bene.
Nessuno in giro. Edilizia fascista qua e là compreso il teatro rigorosamente comVnale che ha un cartellone di tutto rispetto. Una signora romagnola solitaria inveisce contro un locale chiuso al pubblico, dove al suo interno alcuni ragazzi stavano svolgendo dei lavori e dal quale proviene della musica ad alto volume “Chiamo il Sindacoooo io!!!”. Rientro mentre sta iniziando a piovere.
Pesca si addormenta subito. Anche Martina sta già dormendo. Ha parlato poco in tutto il giorno (cosa inusuale per lei) quindi stava decisamente male. Speriamo che la nottata risolva tutto.
Domani dormiremo da Don Augusto nella parrocchia di Moiano. Don Augusto è come una voce dall’oltre tomba che ci risponde al telefono in mattinata mentre eravamo in auto. Subito ci dice che siamo dei matti a fare dei pellegrinaggi in inverno e con questo tempo per giunta, comunque ci sistemerà la camera dell’oratorio senza alcun problema.
Poco prima avevo provato a sentire anche un agriturismo poco oltre Moiano, ma il tizio dall’altra parte della cornetta subito ci aveva accolto con un “è alta stagione adesso ragazzi” al che, un poco perplessi, avevamo risposto che non pensavamo esistesse un’alta stagione per i pellegrini (e manco la bassa a dire il vero). Riattacchiamo senza salutare.
Nota dal taccuino
Hotel La Sfinge, Chiusi (SI)
27 Dicembre ore 23.30
Domani entreremo in Umbria.
Ps: visiti 3 caprioli, qualche maiale, un cavallo ed un asino

CONTINUA…
Stefano Elmi
scrittimaiali (C)