2. Giro di Cipro – Agli inglesi piace così

Il primo approccio con Cipro è facile, ma anche complicato. Si guida a sinistra e regolare i primi giorni agli incroci e alle rotonde siamo un po’ in banana. C’è chi sfanala, chi suona. I segni della colonizzazione restano. La nota positiva però è il traffico, per lo più assente, ad eccezione delle aree intorno alle città. Ci buttiamo in acqua appena possibile, è veramente caldo. In una sosta al mare di domenica, troviamo anche una famiglia cipriota-moldava che ci offre un pranzo. Carne, pomodori e formaggio che producono nella loro azienda agricola. Noi siamo tutti concentrati per avere il numero di telefono della biondissima nipote appena arrivata dalla Moldavia, ma non c’è chance, così ripartiamo.
Nei primi due giorni attraversiamo tutta la costa sud e dopo circa 200km arriviamo ad Ayia Napa, che pare famosissima nel suo ambito. Siamo a circa 15 km e ci arriviamo tramite una strada sterrata, visto che la strada che abbiamo imboccato viene ingoiata dall’autostrada. La deviazione non è stata facile trovarla. Siamo finiti in un capannone sozzo con trattori e pezzi di ricambio sparsi qua e là, dove un signore con due parole d’inglese ci ha spiegato come giungere sin là bici. Attraversiamo campi squallidi e bruciati dal sole, dove anche le pecore pare non abbiano voglia di pascolare. Superiamo baracche e pick-up scassati che si aggirano per questa campagna sempre più lercia a fianco dell’autostrada. La terra rossastra che ci passa sotto le ruote è un buon fondo. Ayia Napa, la Rimini di Cipro, sembra vicina e allo stesso tempo lontanissima, ancora non si fa vedere.
Troviamo una poltrona sfasciata in mezzo a questo nulla, chi ce l’avrà messa non si sa, però ci sediamo e facciamo una foto. Poi iniziamo a vedere le prime villette a schiera: pulite, tranquille, rassicuranti, normali, angoscianti.
Finalmente entriamo in Ayia Napa. Alberghi grandi e grandissimi tutti con piscina e tutti strapieni. Resort super lusso per tutti i gusti, ma di campeggi neanche l’ombra. Passiamo di fronte al Water World, un parco giochi acquatico pieno di finte statue e colonne in stile dorico, quasi quasi rimpiango la campagna appena attraversata.
Solo inglesi in giro. Arriviamo che ormai è quasi notte, dopo una tappa di 100 km. Pensiamo bene di trovare un tassista per trovare un alloggio, e ce lo trova. Lui avanti in macchina e noi dietro in bici. Ci fa fare mezzo giro della città, anche in salita, fatichiamo a stargli dietro e alla fine vuole che gli paghiamo la corsa. 9 euro, bastardo.
Belli puzzolenti e polverosi ci sistemiamo in un alberghetto a pagamento anticipato. Il bar della piscina è pieno di ragazze in costume che ascoltano con apparente interesse il barista turco. E’ stata una giornata lunga, mi siedo in terrazza per un po’ di sollievo. Di fronte c’è un altro albergo simile al nostro. Le finestre delle terrazze sono tutte aperte. C’è chi fa la doccia, chi gira in costume, chi si spalma la crema. Dettaglio: sono tutte ragazze e per lo più completamente nude. Bene, tutto ciò sta prendendo una piega piuttosto interessante penso.
Dopo una doccia usciamo, è doveroso. Questo vecchio borgo di pescatori si è trasformato in una cittadina che vive solo di notte ed è piena di supermercati, ristoranti, discoteche, pub. Ormai è notte fonda e di gente in giro ce ne è moltissima. Giriamo a piedi da un ora ma del mare nessuna traccia. Entriamo in un locale. E’ pieno oltre che di inglesi, di russi. Coi loro soldi hanno comprato mezza Ayia Napa e già che c’erano anche mezza Cipro. Le ragazze sono bellissime e mezze nude. La prestazione ciclistica ne risentirà inevitabilmente, lo so, ne sono certo. La musica è altissima nei locali, ma passando per la vie si è avvolti da un fracasso indefinito, che prende forma solo se entri dentro ad uno di essi. E’ caldissimo e i locali sono tutti aperti, senza porte e finestre. La piazza principale dove iniziano i divertimenti è in discesa e leggermente storta. C’è il fumo artificiale di un pub che la invade, bottiglie e bicchieri per terra, gente che passa correndo, sembra una scena di guerra, ma è solo l’inizio. Aggirandoci per questo quartiere, a patto che riusciate a superare le offensive dei pr, abbiamo trovato: il Bedrock Inn, tutto in stile Flintstones con clava annessa. Surreale. L’Ambassaden, pieno di luci e fumo che usciva dal piano superiore, dove campeggiava, per motivi ai più sconosciuti, una gigantesca bandiera norvegese. Desolante. Il Senior Frog: vocalist vestito con pantaloni militari, pettorina fosforescente, sembrava appena uscito da un cantiere, e  ragazza russa che ballava vestita da infermeria: paura.
Rimaniamo un altro giorno per riprendere un po’ le forze. Dormiamo parecchio e se ci muoviamo è per andare in piscina, come due veri british, che non vedranno mai la campagna lercia che circonda Ayia Napa.
Alla mattina mi sveglio e ancora mezzo insonnolito cerco l’asciugamano, è fuori sul terrazzo. Mentre lo prendo nella stanza di fronte una ragazza si tira giù le mutandine e se la guarda. Alza lo sguardo e mi vede che inevitabilmente la guardo. Sorride, allora saluto, entrambe.
Ayia Ayia Ayia fucking Napa. I’m in Napa bitch. A parte queste scritte sulle magliette e canottiere in giro per la cittadina, i taxi Mercedes lunghissimi, le ragazze nude ovunque, Ayia Napa ci lascia col mistero: ma dov’è il mare? In due giorni, armati anche di buone intenzioni non siamo mai riusciti a raggiungerlo. Così con questo dubbio partiamo. Direzione nord, settore turco dell’isola.
Nota tecnica: ho cambiato una camera d’aria alla bici, ne avevo 3 di scorta, quella forata la butto via, tanto ne ho ancora 2 penso. Un gesto semplice, quasi banale. I ciclo-drammi avranno inizio da lì a poche ore.

to be continued…

Stefano Elmi

 scrittimaiali©

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