Dalla Patagonia alla galera

Attraversiamo tre portoni molto pesanti ed almeno cinque cancelli per entrare. Tutto sa di chiuso e consumato.

Dopo il terzo portone ti ritrovi di nuovo all’aperto in un chiostro verde con alberi e fiori ed alcuni ragazzi intenti ad innaffiarli. Poi altro cancello, altra porta ed infine entriamo nell’ala dedicata allo studio ed ai laboratori.

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“Onde di sei metri. Oggi non si può partire”

-Onde di sei metri. Oggi non si può partire – è il buon Capitano Abelardo che parla.

Onde di sei metri? In un lago? Davanti a noi splende un timido sole e le acque sono calme. Capitano Abelardo è chiaramente lanciato in pasto ai naviganti dalla compagnia turistica che ci fa pagare caro il prezzo per portarci dall’altra parte. Lui è un uomo in evidente età da pensione che arrotonda in estate la magra pensione cilena. Chissà se ha mai visto onde di sei metri da queste parti e rimbroccato dal manager prosegue:

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Gringos

Occhi sbarrati come fossero morti. I due gringos se ne stanno seduti a fissare il muro nell’oscurità della stanza. Sono vivi nonostante tutto. Saluto con uno stentato buongiorno, ma la risposta che mi giunge alle orecchie è una specie di lamento. Fuori ha piovuto incessantemente per tutta la notte, ma ora è silenzio. Apro la porta e vado in bagno.

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Mai accettare passaggi

Nella notte patagone non soffia il vento. L’ho scoperto per caso poco prima di mezzanotte mentre, da solo, stavo rincorrendo un auto a folle velocità.

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Camperos

La pelle di cordero del Senor Leo ad asciugare.

Lui ha dei camperos polverosi ai piedi. Sta seduto con la reverenza di chi sa che dall’altra parte del tavolo c’è qualcuno da rispettare. Magari è più giovane di lui, sa meno della vita, non sa come si governa un gregge, però è una persona da rispettare.

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