Dalla Russia con amore

Quando li ho visti arrivare il primo giorno al corso di italiano pensavo, ingenuamente, che stessero cercando un ufficio comunale per una qualche istanza. Lei russa di Mosca, bianchissima e biondissima. Lui nigeriano di etnia igbo, nero e capelli ricci. In braccio un fagotto mulatto coi capelli del papà, Pavel, il loro figlio. 

-Cercavamo il corso d’italiano? – 

-L’avete trovato –  faccio io

-Ah bene! – 

-Dove abitate ? – 

-A Fabbriche di Vallico – risponde lei 

Il mistero s’infittisce, questa mattina sta diventando interessante, penso subito. Perché una ragazza russa e un ragazzo nigeriano con il loro figlio sono finiti a vivere nella minuscola Fabbriche di Vallico in Garfagnana in un centro Siproimi ? 

Già che ultimamente faccio fatica a concentrarmi. Il lavoro è finito dice il capo della cooperativa, o chi per lui. “Non abbiamo più bisogno di te, come già ti accennavo”. Il lavoro ricomincia dice il capo della cooperativa, o chi per lui. “Abbiamo nuovamente bisogno di te, come già ti accennavo”. Tutto nel giro di un mese circa.

Per cui eccomi qui, con la testa sulle molte nuvole che la offuscano ad aspettare i vecchi e nuovi studenti che avevo avvisato prima delle festività natalizie: non sarò più con voi il prossimo anno, il lavoro è finito. Vecchi e nuovi studenti coi quali mi ero fatto nuovamente vivo a fine gennaio: ciao! Lunedì ricominciamo. E tutti che facevano finta di non capire, come biasimarli. Sono io il primo ad essere confuso… come già vi accennavo.

I primi ragazzi della classe di alfabetizzazione sono già andati via. Abbiamo lavorato circa un’ora e mezza. John, è il più assiduo, viene tutti i giorni, forse per scappare da sua moglie Rebecca, ma questo è un altro discorso. Ha proprio voglia di migliorarsi. Non ci dovremmo mai dimenticare, insegnanti in testa, che questo ragazzo come moltissimi altri fra i venti e i trenta anni in giro per il mondo riesce a tenere a fatica la penna in mano. A fatica riesce a leggere. A fatica riesce a scrivere. E’ padre di una bambina che va all’asilo e di un altro figlio che sta per arrivare. Molto probabilmente la loro vita sarà diversa da quella del loro padre. Ma lui ha voglia e s’impegna, capisce meno della metà delle cose ma ha voglia. Fa quasi tenerezza. Non dovremmo mai scordarcelo e non dare per scontate certe funzioni: saper leggere e saper scrivere, non importa che lingua, ma saperlo fare.

Insomma sono lì che piano piano riacquisto le mie funzioni vitali mangiando due noccioline quando entrano Olga e Kevin. Il padre tiene Pavel in braccio con un cappellino di lana colorato calato sin sopra gli occhi.

Olga ha chiuso gli occhi, ha puntato il dito sulla cartina geografica, ha riaperto gli occhi e ha letto Italia. Ecco come spiega il suo arrivo in questa parte d’Europa. Pisa, Roma e Firenze le città visitate. Un buon lavoro come designer in una multinazionale turca di abbigliamento a Mosca alle spalle per permettersi viaggi in Europa e non solo.

Kevin invece sono quattro anni che si trova in Italia, lui ha un percorso ormai comune a molti altri. Lascia la Nigeria e la sua numerosa famiglia per dirigersi in Libia in cerca di lavoro e da lì via mare in Italia. Dopo vari centri d’accoglienza viene ospitato in una struttura in Garfagnana. Lì aspetta il suo iter burocratico che nel frattempo si è prolungando di molto (ad oggi non ha ancora ricevuto una risposta definitiva per conoscere il suo status).

Entrambi hanno una cosa che li accomuna, la religione. Ora riesco a capire meglio e forse intravedo una possibile spiegazione.

Olga, come la sua famiglia, è molto religiosa, è Testimone di Geova. Pure Kevin viene da una famiglia di Testimoni di Geova.

L’ultimo giorno di vacanza in Italia, Olga viene a conoscenza della presenza di una sala del regno proprio lì vicino a Pisa dove l’indomani prenderà l’aereo, assieme alla sua amica, per fare rientro a casa sua a Mosca.

Arrivano presto, assai presto, ancora non c’è nessuno a parte una famiglia nigeriana che da molti anni risiede in Toscana. Diventato subito amici e per aspettare l’ora di inizio della funzione religiosa vanno a fare un giro turistico in automobile per la campagna pisana. 

Giunta l’ora, l’amica di Olga, che non è credente torna in albergo a piedi. Mentre Olga dopo aver assistito alla funzione in lingua inglese pensa di fare una foto ricordo con i suoi nuovi amici. Sfortunatamente il suo cellulare si scarica, però, come nelle migliori occasioni e con un tempismo, a giudicare adesso, pressoché perfetto, giunge in soccorso un giovane ragazzo nigeriano che fa la foto a tutta l’allegra comitiva. Il giovane ragazzo è Kevin. 

Tutti si salutano e ognuno prede la direzione di casa sua. Recuperato il numero di Kevin, Olga chiede la foto tramite whatsapp.

Quella che era una semplice foto in alcuni mesi diventerà molto di più e cambierà le loro vite sensibilmente. Dopo circa cinque mesi si sposano, il matrimonio viene celebrato nella sala comunale di Fabbriche di Vallico. L’idea iniziale di andare a vivere entrambi in Russia sfuma. Arriva Pavel, e la domanda di asilo politico di Olga viene accettata. 

– Mai avrei immaginato di lasciare il mio paese, giuro non lo avrei mai pensato. Infatti il nostro piano era quello di ricongiungerci in Russia dove io lavoravo – dice Olga

Ci sono diverse ragioni che fanno lasciare ad Olga il suo paese in un batter d’occhio. La situazione dello status di Kevin è la prima: è un richiedente asilo al momento sulla carta, per cui trasferirsi in un paese non-comunitario non è una scelta molto intelligente. 

Da una parte c’è anche una ragione razziale.

– La mia casa è a 100 km da Mosca. Non ci sono neri da quelle parti, quelli che ci sono sono pochissimi. La lingua è un problema, nessuno parla inglese da quelle parti – continua Olga

Però c’è una ragione che diventa a poco a poco quella principale, ovvero la situazione dei testimoni di Geova in Russia. Se fino a due anni venivano tollerati, ora la situazione è cambiata drasticamente.

Due miei amici sono stati stati condannati a sei anni di carcere solo per essere testimoni di Geova – afferma Olga, che continua – molte sale del regno sono state chiuse, e per chi è praticamente come me è diventato un grossissimo problema professare la propria religione liberamente – e poi ripete scandendo bene le parole – Mai e poi mai avrei immaginato di lasciare il mio paese dove avevo tutto: affetti, un lavoro che amavo. Disegnavo vestiti che è un lavoro di fantasia, ero felice perché non tutti hanno la fortuna di poter esprimere se stessi nel proprio lavoro. Io lo reputo un privilegio, anzi lo reputavo oramai – 

Olga scopre di essere incinta e ritorna in Italia senza sapere bene cosa fare. Assieme ad Kevin vanno allo sportello dei migranti in Prefettura a Lucca. Nel giro di pochi mesi all’ospedale di Barga nasce Pavel. 

Nel comunemente detto Decreto Sicurezza voluto fortemente da Matteo Salvini al suo interno è stata redatta una lista di cosiddetti paesi sicuri per i quali è previsto un procedimento velocizzato per vagliare le richieste di asilo. Nella testa del legislatore s’intende paese sicuro quello in cui non vi è necessità immediata di aiuto per i suoi cittadini. Per loro anzi risulta doppiamente difficile dimostrare le motivazioni che hanno portato a lasciarlo. Secondo questa lista la Russia è considerata un paese sicuro

Passa un alto mese circa e Olga viene convocata per la commissione territoriale a Firenze che valuta la sua domanda di asilo. Tutto apparentemente velocissimo come prescritto dalle procedure. Passa neanche un mese che la commissione le riconosce lo status di rifugiato politico per motivi religiosi.

– Io ringrazio l’Italia per avermi dato un’altra possibilità. Giunta qui non sapevo neanche dell’esistenza di questo programma di protezione, ed ora posso cominciare una nuova vita. Più dai, più ricevi. It’s my life every time – conclude Olga

Stefano Elmi

NOTA 1: i nomi delle persone che appaiono in questa storia sono stati cambiati per motivi legati al loro status giuridico

NOTA 2: SIPROIMI Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati

NOTA 3: titolo quantomai scontato, ma quanto mai vero in questa storia

scrittimaiali

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