P.D. è il figlio del capo e ha due espressioni: con la felpa o con la canotta.
A.D. è il padre, ma non deve essere il padre vero. Minuto, sorridente e dalle maniere apparentemente gentili, però quando s’incazza inizia a parlare in calabrese stretto e non si capisce niente. Non deve aver fatto molto altro nella vita se non lavorare praticamente sempre.
Il figlio è un ragazzone perennemente senza sorriso, scarpone da montagna in piede, con la felpa, sempre la stessa, tutte le mattine e le sere quando fa un po’ più freddo e con la canotta, sempre la stessa, durante il giorno quando fa più caldo.
Non si capisce da dove sia arrivato, di sicuro non assomiglia al padre, forse alla madre che pare essere di origine norvegese. Però questa è solo una supposizione, infatti non si è mai vista in giro, comunque almeno uno dei due sarà stato.
-Hai mai raccolto mele? – mi chiede P.D.
Ho subito ripensato di corsa al piccolo melo che avevo in giardino sul quale crescevano delle mele verdi. E’ stato tagliato circa quindici anni fa, ma le mele le coglievo e quindi questo faceva di me uno che aveva raccolto delle mele pensai.
-Certo!-
-Che mele? –
Ho subito ripensato di corsa al piccolo melo che avevo in giardino sul quale crescevano quelle mele verdi che coglievo e facevano di me un raccoglitore di mele, ma di che tipo fossero, o di che razza come dice mia nonna, non sapevo proprio. Dire verdi sarebbe stato troppo ingenuo, quindi ho optato per un vago ma pur sempre valido non ricordo.
-Mhm…non ricordo che tipo di mele ma…. erano tante quello sì….-
-Va bene, va bene, poco importanza. Senti qui ti devi lavare le mani. Non voglio che tocchi qualcosa e poi tocchi le mele. Se una mela cade la butti via e non la metti nel secchio. Il gambo lo voglio, non lo devi staccare, quindi le mele non si tirano ma vanno girate gentilmente si fa con tre dita, molto facile. Se ti tagli ed esce del sangue butti tutto in terra e ti vai a disinfettare. Se tu o gli altri cadete dalla scala chiamate subito l’ambulanza, tieni questo è l’indirizzo del meleto. Non puoi ascoltare della musica con le cuffie perché abbiamo scoperto che danneggia le mele. La paga è tredici dollari l’ora, hai mezz’ora di pausa per il pranzo per la quale non posso pagare, due quarti d’ora di pausa che puoi fare quando vuoi. Facciamo almeno otto ore al giorno, anche il week end se necessario. Se piove vieni al capannone ad impacchettare le mele alla macchina. Un’ultima cosa, quando metti le mele nel bidone grande fallo con gentilezza, le mele non posso rotolare. Non ci si fanno molti soldi con le mele quindi vanno trattate bene.
Carico la bicicletta sul cassone del suo truck e andiamo al meleto ad incontrare gli altri ragazzi che sono al lavoro già dalle sette di mattina.
O.B. ha poco meno di trent’anni e viene dalla Repubblica Ceca, parla un inglese pressoché perfetto ma ha questo accento metallico senza intonazione che lo fa risultare ancora uno straniero anche se è quasi due anni che vive qui.
T.D. è più giovane, anche lui della Repubblica Ceca, è qui per poco. Lui viaggia e lavora, lavora e viaggia, fa così più o meno in tutti paesi del mondo.
Mi metto la borsa a tracolla per raccogliere le mele. Stacco la prima mela. Sbaglio e viene via anche il gambo. Provo con la seconda e cade, l’istinto è di chinarsi per raccoglierla, ma subito vengo fulminato dallo sguardo del figlio del capo senza sorriso. Non è che sono partito proprio benissimo.
Poi se ne va e rimango con gli altri ragazzi. Sono da poco passate le 9 di mattina, il caldo è già intenso e il fumo che viene dagli incendi sulle montagne distanti oscura tutta la valle. Alzi gli occhi al cielo e c’è solo un grigiore intenso, provi a guardare la collina più vicina che hai davanti, ma non si vede niente, eppure è a poche centinaia di metri di distanza. La strada nel fondovalle è già congestionata dal traffico. Dall’aeroporto poco distante decollano e atterrano Boeing 737. In nottata col trattore sono passati a tirare delle schifezze sulle mele.
Insomma un primo giorno di lavoro molto poco a contatto con la natura. Bentornato alla vita vera mi dico fra me e me.
continua…
Stefano Elmi
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