Riparto e affronto l’ultima parte dello Stikine Plateau, scollino e inizio una discesa dritta senza neanche una curva. Foreste di abeti a perdita d’occhio.
Dopo qualche chilometro vedo un ciclista che sale, deve essere questo penso, quello che è stato visto armeggiare con la ruota.
-Ciao! Tutto ok?
-No ho rotto un raggio
-Ne ho di scorta
-E anche un tira raggi?
-Certo!
-Cazzo vuoi dirmi che in questo deserto tu hai tutto quello che mi serve?
Ci mettiamo da una parte della strada e però le cose che ho io non vanno bene per la sua bici, Markus, ha una bici da corsa e ha dei raggi piatti molto leggeri.
-Mai rotto un raggio in vita mia, ed in questo viaggio già tre –
Markus è tedesco e arriva da Anchorage, Alaska, e la bici è stracarica sulla ruota posteriore con dei cerchi non proprio adatti a trasportare quel peso.
-Ho fatto delle prove: questa è una bici in carbonio pesa 8,9kg io peso 80 il portapacchi può portare fino a 40 kg, insomma ci dovrei stare –
Ha un inglese perfetto che gli devo chiedere due volte da dove viene.
In un quarto d’ora so praticamente tutte le tappe e tutte le persone che ha incontrato. Io sono 3 giorni che non vedo nessuno per la strada e sono a dir poco intontito da tutte le innumerevoli notizie udite in così poco tempo.
– Ho dormito 6 giorni in questo campeggio, andavo a tagliare la legna col proprietario in cambio di vitto e alloggio –
– Ho incontrato una signora per la strada è mi ha ospitato per 2 giorni a casa sua e stamattina mi ha preparato dei muffin. Tieni, né vuoi? Hai bisogno di calorie –
Né divoro due di fila.
-Cos’è quella scritta sulla bici? – gli chiedo
– Ah questa? È il mio blog. Scrivo, faccio foto e filmati e ci guadagno. C’è gente che mi da dei soldi per andare in giro in bici, ci pensi? Pazzesco no?
-Anch’io ho un blog, ma non ci guadagno niente –
-Ero nella tua stessa situazione e poi un giorno trovai un tipo che mi disse: hai un blog e non ci guadagni? Allora gli dissi: dimmi come?
-Già come?
-Metti alla fine del blog un link per donare dei soldi intanto per iniziare. Poi prova a vendere le foto, prova a fare un ebook, un libro. Pazzesco un signore mi ha dato 500 euro e non vuole nulla in cambio, un altro 200.
La spiegazione sul come guadagnare mi risulta un po’ facilona, ma lo spilungone occhialuto ci crede davvero e va avanti per minuti interminabili a spiegarmi la sua filosofia. Se ne accorge che sono alle corde e si scusa, ma poi va avanti lo stesso, deve essere più forte di lui.
-E dove vai? Hai una metà? –
-New York! –
E continua la filosofia puntando sul merchandising questa volta. Altri minuti interminabili. E allora mi torna in mente la sua meta finale.
-Scusa ma perché New York?-
-Perché te lo immagini la gente dirà: questo ragazzo ha fatto dall’Alaska a New York!!!!! E magari s’interesserà alla mia storia.
Nelle sue spiegazioni si passa continuamente le mani nei lunghi capelli biondi, lo fa levandosi i guanti, poi se le rimette, poi se le rileva per un’altra passata.
Non ne posso più. Lo saluto e continuo la lunga discesa.
Arrivo a Dease Lake. Dopo il passo sono oltre la metà della Cassiar Highway e dei suoi 700 km.
L’unico posto dove dormire è un motel. Ritrovo i giapponesi intenti a pulire le biciclette. Sono giunti qui la notte precedente sotto il diluvio, mentre io ero nella tenda.
C’è anche una coppia del Quebec che è partita da Anchorage e vuole andare a Vancouver. Parliamo parecchio di biciclette, di viaggi e di sogni. Sono le tre del pomeriggio e non sono ancora partiti
-Non facciamo programmi, forse oggi faremo 10km – dice Stephanie
Ci scambiamo gli indirizzi se per caso andrò in Quebec a trovarli, dove mi dicono che si può bere della birra più facilmente che qui.
Poi dopo una lunga e piacevole chiacchierata con la coppia dall’angolo sbuca un giapponese senza nome tutto sorridente (e non è uno della coppia che ci rincorriamo). Questo pare appena rientrato da una pedalata al parco. Ha una bici giapponese tutta vintage da vero intenditore.
Conosce due o tre parole d’inglese e praticamente a gesti ci spiega che è partito da Anchorage (tutti da lì!) e vuole andare in Argentina, pensa di metterci un anno forse un anno e mezzo. Poi sparisce nel motel. Ancora non avevo incontrato qualcuno che andava in Sud America, lo eleggo a mio mito personale almeno per tutta la settimana.
Vorrei dirgli che ho incontrato un tipo che va solo a New York per suscitare qualcosa nella gente ma diventerebbe una spiegazione troppo complicata.
Stefano Elmi
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