McBRIDE (B.C.) – Qui c’è solo un cartello che ti da il benvenuto e l’arrivederci. McBride è come la fortezza Bastiani: là fuori c’è solo il deserto, il niente.
Qui bisogna fermarsi perché verso ovest ci sono 200 km di boschi, orsi, alci e cervi attraversati solo dalla striscia asfaltata della Yellowhead Highway numero 16, forse a 150 un campeggio striminzito dove rifocillarsi.
È il primo posto abitato del British Columbia che vedo. Il clima è molto più mite, fa proprio caldo, i campi sono coltivati e gli animali sono al pascolo.
In questo paesino di strade a perpendicolo tutto ruota intorno alla stazione ferroviaria. Ci saranno si e no 30 case e 10 edifici fra cui: un motel sulla strada principale, un piccolo supermercato, la ferramenta, un negozio di cianfrusaglie, un garage e due ristoranti chiusi.
Entro in un bar e sono squadrato subito come lo straniero. Le montagne rocciose coi suoi turisti sembrano già distanti anni luce.
Dentro è tutto avvolto dalla penombra, sembra di stare al Boar’s Nest di Hazzard. Ordino una birra e delle patatine salatissime che è come bere una caraffa d’ acqua di mare. Per la cronaca niente traccia di Daisy Duke.
Come un bambino mi fermo alla stazione, che è anche un ufficio informazioni e guardo i treni passare. Tutti merci naturalmente.
La signora dell’ufficio informazioni mi spiega McBride su una piccola mappa come si potrebbe spiegare Firenze ad un turista americano. Si vede che ci tiene.
– Dov’è un pub per mangiare? – chiedo – Qui all’uscita della cittadina, il Grizzly Pub –
All’esterno della stazione c’è una vecchia carrozza in legno usata per l’ultima volta negli anni ’50 sulla tratta che va fino a Prince Rupert sul Pacifico. Il legno è tutto rovinato ma è bellissima.
Poco più in là due motrici diesel potentissime trainano i vagoni e dopo un quarto d’ora (la fine del convoglio) una terza motrice li spinge da dietro.
C’è qualche container sparso qua e là per il paesino che richiamano nomi di compagnie marittime molto lontane da McBride. Poi mezzo nascosto dietro un officina ce ne uno blu: Loyd Triestino. Chissà che giro del mondo avrà fatto per finire così lontano dal mare, ma vicino ad una stazione ferroviaria nel mezzo del niente.
Stefano Elmi